Izumi Shikibu
Frammenti di una vita di passione e di poesia

Scritto da Rossella Marangoni -

Approfondimento dell'articolo di Rossella Marangoni dal numero 109 di Pagine Zen. Qui vi proponiamo la versione integrale dello scritto con alcune foto.

Poetessa dell'amore venuta dal cielo, tutta la sua vita è stata consacrata all'amore e alla poesia. Scriveva per amore o amava per la poesia? Nel suo spirito queste due cose non erano che una

[] A leggere questa poesia nuova e vivente che segue i moti interiori, non si sente da nessuna parte, né dai sentimenti che esprime né dalle parole con cui si esprime che la poetessa si chiude nell'imitazione. In questo è riuscita con forza a rinnovare il tanka

Nuove, le sue poesie differiscono da quelle che componevano con affettazione e manierismo altri poeti sprovvisti di immaginazione e di passione; la poesia si è trovata arricchita dalla sua viva intelligenza e dal suo grande gusto. I suoi sentimenti e la sua opera sono luce e calore che brillando nello stesso momento procurano al lettore delle emozioni molto forti. Rari sono i poeti che hanno cantato i loro sentimenti reali nel modo in cui lei lo ha fatto. Perché, superando il linguaggio ordinario, Izumi Shikibu era veramente entrata nel mondo della poesia.

Così la più grande poetessa giapponese del XX secolo, Yosano Akiko (1878-1942), nella prefazione alla sua biografia di Izumi Shikibu, Denki onnashijin Izumi Shikibu (sulla rivista Josei, gennaio-marzo 1928), introduce quella che considerava, da grande studiosa e filologa della letteratura classica giapponese quale era, un modello ispiratore e una sorta di antenata spirituale cui identificarsi e a cui guardare costantemente. Per Akiko, Izumi è una donna “liberata”, una donna emancipata attraverso l’amore e la passione e capace di esprimere questa passione con uno stile nuovo e anticipatore della sensibilità delle donne del XX secolo.

Come già per Ono no Komachi, al vertice della poesia del X secolo, per Izumi Shikibu, la voce poetica più illustre del suo secolo, gli studiosi hanno profuso definizioni a volte anche fantasiose (tra le altre, l’immancabile “femme fatale”).

Forse una delle più efficaci, però, è quella che dobbiamo a un’altra poetessa, Amy Lowell (1874-1925): “La vita fu impotente a maturare una personalità così complessa, né poté dominarla. Izumi non suggerisce alcuna idea di rassegnazione. Ella visse con intensità e noi la vediamo indomita, come un genio costretto a seguire i suoi istinti”. E così Marcello Muccioli: “La sua poesia è restata ineguagliata per freschezza, potenza di afflato e libertà di espressione.”1

Ma chi era Izumi Shikibu? Come nel caso di altre donne letterate di periodo Heian, di quella che fu la poetessa più celebre della sua epoca non conosciamo il nome, né ci sono note con sicurezza le date di nascita e di morte. Izumi è la provincia di cui fu governatore il primo marito, shikibu è un appellativo legato al rango di corte.

Figlia di Ōe Koretoki Masamune, governatore della provincia di Echizen e discendente di una famiglia di letterati sinologi, Izumi nacque forse attorno al 976 e trascorse l’infanzia presso la corte di Shōshi, prima consorte dell’imperatore Reizei (950-1011). Sposò un amico del padre, Tachibana Michisada, governatore di Izumi. Dal matrimonio nacque una figlia, conosciuta con il nome di Koshikibu (morta di parto nel 1025), anch’essa poetessa di valore. Ma il matrimonio con Michisada fu di breve durata a causa di una relazione sentimentale che Izumi intrattenne con un principe imperiale, Tametaka (977-1002), figlio dell’imperatore Reizei. Questa relazione suscitò un certo scandalo a corte sia a causa della differenza di rango fra i due personaggi coinvolti, sia a causa della prematura scomparsa del principe (all’età di 26 anni, nel 1002) dovuta, si disse, alle continue visite notturne del principe alla poetessa durante un’epidemia che stava devastando la capitale. È un fatto che, neppure terminato il periodo di lutto per la morte di Tametaka, Izumi accettò la corte serrata del fratello di questi, Atsumichi (981-1007), più giovane di lei di qualche anno. La loro appassionata storia d’amore è raccontata nell’Izumi Shikibu nikki, il diario poetico scritto in terza persona che copre il periodo fra il 1003 e il 1004 e che comprende i waka che la coppia si scambiò. Il diario si interrompe quando la dama fu portata dal principe nella sua residenza, provocando un grande scandalo e spingendo la prima moglie di Atsumichi ad abbandonare il proprio padiglione per rifugiarsi a casa della sorella.

Sappiamo poi che Atsumichi morì a 27 anni e che in seguito Izumi divenne dama di compagnia dell’imperatrice Akiko (988-1074), figlia di Fujiwara no Michinaga (966-1028) e moglie dell’imperatore Ichijō (980-1011), entrando a far parte di quel ristretto circolo di donne di genio che si radunava attorno alla consorte imperiale e che annoverava Murasaki Shikibu e Ise no Tayū. Mentre era a servizio a corte, Izumi conobbe e sposò Fujiwara no Yasumasa (Hōshō, 958-1036), un uomo più anziano di lei e di riconosciuto valore guerriero; Izumi lo seguì nei suoi trasferimenti di servizio nella provincia di Tango e in altre località.

Non si conoscono né il luogo né la data della morte di Izumi, ma un piccolo tempio di scuola Shingon, a Kyōto, il Jōshin’in, è legato alla sua memoria e la ricorda con celebrazioni e rappresentazioni nō il 21 marzo di ogni anno, anniversario presunto della sua morte.

Secondo varie leggende che si diffusero tempo dopo la sua morte, Izumi si sarebbe ritirata in un monastero per dedicarsi allo studio della legge buddhista, ma non si hanno prove di questo suo ingresso nella vita religiosa.

Come afferma Claire Dodane,2 la sua vita tumultuosa e il tono appassionato dei suoi versi le valsero, nel corso del tempo, una cattiva reputazione, tant’è che spesso, nei racconti “per diletto” di periodo medievale (otogizōshi) è definita yūjō, “prostituta”.3 Si tratta, evidentemente, di affabulazioni tardive che, però, tendono ad assimilare le poetesse e, in particolare, dei veri talenti poetici del waka classico come Ono no Komachi e Izumi Shikibu, alle cortigiane.

Nel caso di Izumi Shikibu, però, sappiamo che un suo potente contemporaneo, il ministro Fujiwara no Michinaga, l’avrebbe già definita tale, a dar credito alla testimonianza della stessa Izumi. La poetessa infatti racconta di come, vedendo tra le mani di una certa “persona” della corte un ventaglio e venendo conoscenza che il ventaglio apparteneva a Izumi, Michinaga vi avrebbe scritto sopra “ventaglio di una donna galante” (adoperando il termine ukareme). Al che la poetessa avrebbe replicato argutamente con questo waka:

La Barriera degli Incontri,

che io la attraversi

o non la attraversi,

colui che non ne è il guardiano

non mi può biasimare.

Del resto, come sottolinea Jacqueline Pigeot,4 la capacità di comporre versi di qualità, e segnatamente poesie d’amore, richiama, nella concezione giapponese, la seduzione erotica. La cortigiana ideale è colei che combina queste due qualità e, all’inverso, coloro che si distinguono nella composizione di poesie d’amore si vedono promosse al rango di cortigiane, per il meglio (il prestigio di figure mitiche) e per il peggio. E in effetti, conclude la Pigeot, quando i costumi sessuali saranno regolamentati (con l’arrivo al potere della classe dei bushi), la leggenda “moralizzerà” sia il destino di Komachi (attribuendole una vecchiaia miserabile), sia quello di Izumi Shikibu, trasformandola in penitente. Così si troverà annullato il fascino inquietante di queste donne, “dalla bellezza e dalla parola troppo eccezionali per essere oneste”.

Anche Murasaki Shikibu, contemporanea di Izumi e dama presso la stessa corte, quella della consorte imperiale Akiko, non si espresse in modo lusinghiero sulla poetessa, ma, certo, non sappiamo quali sentimenti si celassero dietro questo giudizio così pungente. Scrive Murasaki nel suo diario: “Izumi Shikibu sa intrattenere la corrispondenza davvero con grande eleganza. C’è qualcosa che non mi convince nel suo stile, però nelle lettere che scrive scorrevolmente, senza alcuna difficoltà, riesce a rendere speciali anche le impressioni più consuete. Le sue poesie sono molto raffinate e, nonostante lasci un po’ a desiderare per quanto riguarda la conoscenza del canone e delle teorie poetiche, i versi che recita spontaneamente hanno sempre qualcosa che colpisce. Volendo trovarle dei difetti, si può dire che i suoi versi sembrano recitati d’istinto da qualcuno che non è molto esperto di poesia. Non è a mio avviso una poetessa degna di grande considerazione.”5

Di Izumi Shikibu ci sono pervenuti circa 1500 waka e il celebre nikki (diario) in cui l’autrice (ma alcuni studiosi l’avevano attribuito in precedenza a un altro autore che l’avrebbe compilato in base al contenuto dei waka) si riferisce a se stessa in terza persona chiamandosi onna, “la donna”. Nella raccolta complessiva dei suoi componimenti poetici, l’Izumi Shikibu kashū, sono compresi numerosi documenti, i più rilevanti dei quali sono il Seishū o “Raccolta principale” e lo Zokushū o “Raccolta aggiuntiva”. Ne fanno parte gruppi di waka, come una sezione iniziale di 97 waka sul tema dell’amore e delle quattro stagioni e poesie sparse, sempre secondo il metro classico delle 31 sillabe. Attraverso i temi resi in modo eccentrico per la sua epoca, del tutto originale, e per mezzo di procedimenti stilistici insoliti o peculiari alla poetessa, come la reiterazione di termini e la progressione nella reiterazione, Izumi si allontana dall’accademismo e dagli stereotipi delle poesia del suo tempo ed è forse anche per questo che la sua grandezza verrà riconosciuta nel Giappone moderno.

Ecco cosa scrive il critico Katō Shūichi: “Non ci sono qui né utamakura, né fiori di ciliegio, né foglie d’acero, né sentimenti vaghi, né descrizioni di scenari usuali. Al posto degli stereotipi prediletti da Fujiwara no Kintō, un’ansia di sensazioni che dimostra in modo lampante la personalità del poeta e che rompe la barriera del tempo. […] Se si vuole trovare originalità nei waka scritti dopo l’epoca del Kokinshū, bisogna ricercarla nelle composizioni femminili e nessuna poetessa si erge più in alto di Izumi Shikibu: tuttavia la corte heian, in particolare nel campo della poesia, non apprezzava l’originalità, ma la tradizione. Alla fin fine, nel codificato mondo del waka erano gli uomini, e non le donne, gli arbitri finali di ciò che aveva effettivamente valore, e non per nulla manca una singola antologia imperiale composta da una donna, e non compare nome di donna tra la schiera di autori che scrissero dei trattati teorici sul waka. La poesia era parte della cultura di corte e il centro di tale cultura di corte era l’uomo: anche se molto spesso si parla dell’effemminatezza degli uomini del tempo, è cosa troppo vaga da definire. Che persone come Izumi Shikibu abbiano potuto emergere non è dovuto al fatto che la letteratura fosse codificata, ma nonostante lo fosse6; non è dovuto al fatto che le donne fossero al centro della cultura, ma proprio perché non lo erano. In un’età in cui gli uomini potevano far carriera perché eccellevano come poeti, le donne (alle quali tale carriera era preclusa) usarono la poesia come espressione dei propri sentimenti: in questo senso, è significativo che i dati biografici di tali donne siano spesso vaghi.”7

Con il passare dei secoli, con il diffondersi del mito del personaggio (da cortigiana a donna di profondi sentimenti religiosi) e con il modificarsi del gusto, il giudizio anche critico su Izumi si è andato precisando verso un pieno riconoscimento del suo grande talento poetico, un talento poetico lontano dal vuoto accademismo che, salvo rare eccezioni, caratterizzò la poesia dell’XI secolo. Del resto, già nel Shinsen daijinmei jiten (Dizionario biografico, a cura di Shimonaka Yasaburō), pubblicato nel 1938, si poteva leggere: “Le sue poesie sono appassionate e libere, esplodono con brillantezza; la ricchezza della sua immaginazione è come un destriero celeste che percorre il vuoto e la sua libertà di espressione è rara. Deve essere considerata la prima poetessa del nostro paese.”

Bibliografia:

Diario di Izumi Shikibu (Izumi Shikibu nikki), a cura di Carolina Negri, Venezia, Marsilio, 2008.

Luisa Bienati, Adriana Boscaro, La narrativa giapponese classica, Venezia, Marsilio, 2010.

Edwin A. Cranston, “The Poetry of Izumi Shikibu” in Monumenta Nipponica, Vol. 25, n°1/2 (1970), pp. 1-11.

Katō Shūichi, Storia della letteratura giapponese, vol. 1, Venezia, Marsilio, 1987.

Donald Keene, “Feminine Sensibility in the Heian Era” in Appreciations of Japanese Culture, Tōkyō, Kodansha International, 1981, pp. 26-39.

Kubota Yuko, “L’Izumi Shikibu: storia di una passione tra un monaco e una yūjō” in Il Giappone, vol. 29 (1989), pp. 5-49.

Jacqueline Pigeot, Femmes galantes, femmes artistes dans le Japon ancien, Paris, Gallimard, 2003.

Pierantonio Zanotti, Introduzione alla storia della poesia giapponese. Dalle origini allOttocento, Venezia, Marsilio, 2012.

Note:

1 Marcello Muccioli, La letteratura giapponese. La letteratura coreana, Firenze, Sansoni, 1969, p. 116.

2 Si veda Claire Dodane, Yosano Akiko. Poète de la passion et figure de proue du féminisme japonais, Paris, Publications orientalistes de France, 2000, p. 70.

3 Si veda il saggio di Kubota Yoko “L’Izumi Shikibu: storia della passione tra un monaco e una yūjō” in Il Giappone, vol. 29 (1989), pp. 5-49.

4 Jacqueline Pigeot, Femmes galantes, femmes artistes dans le Japon ancien, Paris, Gallimard, 2003, pp. 145-146.

5 Il diario di Murasaki Shikibu (Murasaki Shikibu nikki), a cura di Carolina Negri, Venezia, Marsilio, 2015, p. 103.

6 Il corsivo è mio (RM).

7 Katō Shūichi, Storia della letteratura giapponese, vol. 1, Venezia, Marsilio, 1987, pp. 139-140.

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