關 (関) KAN, seki
Sbarra di legno usata per chiudere la porta, barriera, limite, chiudere

Calligrafia di Bruno Riva shodo.ch -

Questo carattere, nella sua accezione "barriera, ostacolo", richiama un celebre kōan zen che risale ai tempi del maestro chan cinese Yúnmén Wényǎn 雲門文偃 (in giapponese Ummon Bun'en, 862/4-949) e si riferisce anche a un aneddoto che risale agli esordi del buddhismo zen in Giappone.

Kanzan Egen関山慧玄 (1277-1360) all’età di 54 anni ricevette dal maestro Shūhō Myōchō宗峰妙超 (1282-1338) il compito di lavorare sul kōan "della barriera".

Egen, seduto in zazen, si occupò intensamente di questo kōan, finché, riuscendo ad oltrepassare i limiti della comprensione razionale, giunse a spezzare la propria barriera interna riconoscendo improvvisamente il suo vero sé.

Senza cercare una spiegazione che non sarebbe la "corretta" soluzione del kōan, semplificando molto si può dire che il carattere Kan 關 richiama idealmente le barriere e i pregiudizi che ci ostacolano, avendo sede nella nostra mente e nei nostri cuori.

Dopo che Shūhō Myōchō宗峰妙超 confermò l'illuminazione di Kanzan Egen, questi si trasferì nella provincia di Mino per svolgere un periodo di pratica intensiva sulle montagne Ibuki.

Venne richiamato da questo luogo dall'ex imperatore Hanazono 花園天皇per fondare un nuovo tempio a Kyōto, che divenne l'attuale Myōshinji 妙心寺.

Va notato che Shūhō Myōchō, conosciuto anche come Daitō Kokushi 大燈國師, fondatore e primo abate del Daitokuji 大德寺 di Kyōto, era di cinque anni più giovane di Egen ed entrambi avevano studiato il buddismo zen Rinzai sotto Nanpo Jōmyō南浦紹明 (1235–1308), che a sua volta ricevette la trasmissione del dharma in Cina.

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