Lo Shaolin Kung Fu (prima parte)
La tradizione

Scritto da Pietro Biasucci www.tigrebianca.it -

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Il Kung Fu Shaolin è una perla luminosa della cultura cinese ed è anche una ricchezza per la forza e la salute del corpo, che la Cina dà come contributo al mondo.
Wang Zhi Qiang
Diciottesimo Arhat (Luohan) Shaolin
Settimo Duan delle arti marziali cinesi.

Questa citazione è estratta dalla lettera che Wang Zhi Qiang mi inviò nel 2015 in occasione della pubblicazione de “L’eredità dell’Arhat – alla fonte del Kung Fu Shaolin”, il libro che ho voluto scrivere e dedicare a lui, al maestro che cambiò la mia vita e che dopo avermi accettato nella sua scuola e preso sotto la sua ala protettrice, mi istruì personalmente nella disciplina del Kung Fu (功夫 Gōng Fū), l’arte marziale sviluppatasi nei secoli dalle esperienze dei monaci buddhisti Shaolin.

Il maestro Wang fondò l’accademia di arti marziali cinesi Song Yang Shaolin Wushu (嵩阳少林武术学院 Sōng Yáng Shàolín Wǔshù Xuéyuàn) negli anni '90, a poca distanza dal celebre monastero buddhista Shaolin, spinto dalla volontà di trasporre nella contemporaneità, in cui la sovrapposizione tra via religiosa buddhista e pratica marziale non era più percorribile, la tradizione di questa antica arte marziale, nata all’interno delle mura del monastero Shaolin dal connubio tra buddhismo Chan ed esercizio fisico. Decise di aprire la trasmissione della disciplina in modo “laico” e diffuso a quanti lo desiderassero, con una particolare attenzione ai giovani, aiutando non di rado bambini provenienti da famiglie povere delle campagne cinesi, che potevano trovare nella scuola rifugio ed educazione. Una scelta che permise di tutelare la disciplina dello Shaolin Kung Fu nella dimensione più alta, nel rispetto delle pratiche connesse alle esperienze interiori dei monaci.

Il maestro Wang Zhi Qiang (王志强Wáng Zhì Qiáng), monaco civile Shaolin della trentunesima generazione (nome buddhista Shi De Zhi - 释德志 Shì Dé Zhì) e allievo del monaco Shaolin Zheng Shu Ji (郑树基 Zhèng Shù Jī, nome buddhista Shi De Shu - 释德树 Shì Dé Shù), appartiene a un lignaggio che lo collega direttamente alla tradizione dei monaci del ramo Chan, che si originò dalla venuta del mistico Bodhidharma nel monastero Shaolin.

Se pur la sua formazione sia caratterizzata da una grande specializzazione nel campo marziale, il maestro Wang Zhi Qiang abbraccia anche pratiche tradizionali come il Qi Gong (气 功 Qì Gōng), che hanno radici nel pensiero cinese antico di origine taoista.

Fra tutti gli importanti titoli che il maestro Wang annovera spicca quello di “Arhat Shaolin”, carica riservata oggi ai più grandi esperti viventi di Kung Fu Shaolin che tramite il loro operato tengono viva la tradizione del monastero.

L’Arhat o Bodhisattva (in lingua cinese Luo Han - 罗汉Luó Hàn) nella tradizione buddhista rappresenta il “Risvegliato”, il discepolo più vicino al Buddha. Nel contesto dei grandi maestri di Kung Fu di tradizione Shaolin tale appellativo è di carattere onorifico, riservato alle diciotto personalità più rappresentative della conoscenza Shaolin, proprio come nella tradizione buddhista i diciotto Arhat erano considerate le figure più rappresentative della conoscenza trasmessa dal Buddha.

Per tali ragioni il maestro Wang è una figura estremamente carismatica, conosciuta sia nel monastero Shaolin che nella città di Dengfeng (登封 Dēng Fēng), il centro abitato sorto nei pressi del monastero. Ѐ un maestro stimato e rispettato in tutta la Cina. Grazie alla statura delle sue realizzazioni egli rappresenta a pieno titolo una parte importante del pensiero tradizionale cinese nell’epoca attuale.

La sua autorevole dichiarazione, che ho pubblicato, fornisce un punto di vista molto chiaro in merito alla situazione contemporanea dell’arte marziale Shaolin, sintetizzando molto bene due aspetti fondamentali della storia e della cultura cinese. Definendo il Kung Fu Shaolin una perla luminosa e una ricchezza per la forza e salute del corpo descrive il valore della disciplina nell’ambito complessivo del pensiero tradizionale cinese antico. Questa meravigliosa arte marziale, che non è solo combattimento, ma arte del corpo, mette a frutto le potenzialità fisiche e psichiche dell’individuo secondo i dettami delle dottrine buddhiste e taoiste, rappresentando a pieno titolo un’area importante della concezione cinese antica dell’essere, che spazia dal significato dell’esistenza nel rapporto tra macrocosmo e microcosmo, fino al significato dello stare in salute secondo la visione della medicina tradizionale cinese.

Una concezione che descrive una spiritualità corporea nella quale il luogo di culto è proprio il nostro fisico, l’autentico tempio che ci porta a comprendere i meccanismi mistici di connessione al Tutto che, se rispettati, riempiono di “forza e salute” l’esistenza. Il Kung Fu Shaolin secondo Wang Zhi Qiang è diretta espressione della tradizione cinese antica giunta fino a noi dal passato. Il secondo aspetto sottolineato dall’affermazione di Wang si sofferma sulla perla luminosa rappresentata dal Kung Fu, che la Cina dona al mondo intero, spostando la riflessione sul tempo presente, in cui la modernità del vivere ha intensificato da svariati decenni gli scambi e le comunicazioni tra i popoli a livello planetario. Allo stesso modo il Kung Fu, che non può più essere praticato come nel passato esclusivamente tra le mura del monastero, si apre alla Cina e al mondo intero. I conseguimenti dei monaci hanno contribuito a costituire nel tempo una parte importante del pensiero tradizionale cinese, composto da arti corporee, arti mediche e arti introspettive secondo principi buddhisti e taoisti.

Il monastero Shaolin fu uno dei primi insediamenti buddhisti in Cina.

Le fonti raccontano della sua costituzione addirittura nel quarto secolo a.C., ma la data ufficiale della sua fondazione si ritiene sia il 377 d.C.; le fonti indicano la data del 495 d.C. come l’anno in cui il monaco buddhista indiano Batuo (跋陀 Bátuó) vi si insediò per portare in Cina la conoscenza del Buddhismo indiano, dedicandosi alla traduzione dei Sutra dal sanscrito al cinese. Fu costruito su un versante del monte Song (嵩Sōng), la catena montuosa definita sacra dai mistici e dai saggi cinesi di tutte le epoche. Si racconta che già nel primo secolo a.C. il monte Song fosse stato scelto come una delle cinque montagne sacre a protezione dello stato cinese. Secondo la visione taoista dei Wu Xing (五行Wǔ Xíng) 'cinque elementi' o 'movimenti', il monte Song rappresenta il centro, l’elemento Terra. Un secolo prima di Cristo quest’area in effetti fu il cuore pulsante della cultura cinese antica che si sviluppò sulle rive del fiume Giallo e sul territorio montuoso tanto decantato dagli antichi taoisti, nel quale si ergeva il monte Song. Da qui originò addirittura il nome dello stato cinese, che riprende il concetto di centro: Zhong Guo (中国 Zhōng Guó) ovvero 'Terra' Guo (国Guó) 'nel centro o nel mezzo' Zhong (中Zhōng). Il principio di centralità, insito nella visione cinese antica, si localizza geograficamente e culturalmente quindi proprio nei territori dai quali il monte Song si staglia. Il nome del monastero Shaolin deriva dalla pendice ovest del monte Song e dal boschetto Lin (林Lín), il luogo più florido dell’area montana sulla quale fu edificato il monastero. Dall’unione dei due termini nasce Shaolin (少林 Shǎolín) ovvero 'piccolo' Shao (少Shǎo) 'boschetto o foresta giovane' Lin (林Lín).

La fama del monastero crebbe in tutta la Cina quando vi si insediò il mistico Bodhidharma (in lingua cinese Da Mo - 达摩 Dá Mó), figura che si pone tra leggenda e realtà.

Secondo le fonti del monastero Shaolin, Da Mo nacque nel 483 d.C. e crebbe assimilando i precetti del Buddhismo indiano fino ad essere nominato ventottesimo patriarca del ramo buddhista Mahayana.

Bodhidharma su invito dell’imperatore cinese Liang Wu Di (梁武帝 Liáng Wǔ Dì), venne dall’India proprio per esporre i precetti del Buddhismo in Cina. A questo fine viaggiò molto negli anni tra il 520 e 527 d.C., fino a giungere al cospetto dell’imperatore, il quale si era impegnato molto in quel periodo per diffondere la filosofia buddhista attraverso l’edificazione di templi e l’erogazione di aiuti economici verso l’ordine religioso.

Si racconta che l’incontro tra Da Mo e Liang Wu Di, nel corso del quale l’imperatore poté ascoltare i saggi sermoni del mistico, non fu amichevole, poichè il patriarca rispose all’imperatore con toni apparentemente aspri ai quesiti che gli furono posti. Il sovrano cercava un riconoscimento per gli sforzi profusi nella diffusione del Buddismo in Cina, ma il mistico lo redarguì, sottolineando l’importanza di abbandonare l’ego e il coinvolgimento materiale. Liang Wu Di, non riuscendo a cogliere l’insegnamento celato dietro alle parole del patriarca, non gradì l’orazione e fece allontanare Bodhidharma il quale, narra la leggenda, se ne andò dalla capitale risalendo il fiume Giallo su una canna di bambù, giungendo prima nella città di Luo Yang (洛阳Luòyáng), per poi ritirarsi definitivamente all’interno delle mura del monastero di Shaolin. Si racconta che per nove anni visse in meditazione dentro a una grotta (ancora oggi raggiungibile) situata a poche centinaia di metri di distanza dal monastero, nell’area naturale riservata al tempio sulla pendice del monte Song e che, al termine di questo arco temporale contemplativo, diede vita al ramo Chan (禅Chán) o Zen (detto in lingua giapponese) del buddhismo. Si racconta che meditò con così tanta assiduità da imprimere la sua ombra sulla parete di roccia della grotta.

Al suo risveglio dalla meditazione, quando tornò a vivere dentro le mura del monastero, istruì i monaci sulla Via del Chan e trasmise loro le tecniche composte da movimenti corporei che lui stesso codificò, atte a migliorare le condizioni di salute e di forza fisica, in modo che i monaci potessero disporre di energie sufficienti a sostenere lunghi periodi di meditazione. Tali tecniche corporee non si basavano esclusivamente sulla esperienza meditativa derivante dalla dottrina buddhista, ma comprendevano anche la concezione cinese dell’essere correlata al Tao, con la quale Bodhidharma entrò in contatto nel corso del suo peregrinare in Cina. Nei movimenti che codificò riuscì a riversare la visione taoista delle due forze interagenti e complementari Yin (阴 Yīn) – Yang (阳 Yáng) che determinano il Qi (气 Qì) o 'Soffio Vitale', la manifestazione della vita in tutte le sue forme e declinazioni secondo l’antica filosofia spirituale cinese.

Le sequenze di movimenti create da Bodhidharma, dette Yi Jin Jing (易筋经 Yì Jīn Jīng) o 'allungamento dei tendini' e Yi Sui Jin (易髓经 Yì Suǐ Jīng) o 'lavaggio dei midolli ossei' (ancora oggi praticate), divennero le basi utilizzate dai monaci Shaolin nel corso dei secoli per il loro addestramento e costituirono il primo embrione motorio dal quale si sviluppò non solo la pratica cosiddetta di “Lunga Vita”, ma anche quella marziale del Kung Fu Shaolin che, nel tempo, si strutturò proprio sulla sovrapposizione di tecniche guerriere a tecniche meditative. (continua)

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