苗 Miao
Costumi e gioielli dalla Cina del Sud

Testo a cura del Museo d'Arte Orientale di Venezia Museo d'Arte Orientale di Venezia -
logo Museo d'Arte Orientale di Venezia – Ca' Pesaro

Una mostra curata da Marta Boscolo Marchi,
direttrice del Museo d’Arte Orientale di Venezia
e interamente sostenuta dalla Direzione Regionale Musei Veneto,
con il patrocinio dell’Istituto Confucio di Venezia
e della Società Geografica Italiana

logo Istituto Confucio di Venezia e Società Geografica Italiana

Museo d’Arte Orientale di Venezia, 16 dicembre 2023 – 28 aprile 2024

In occasione della ricorrenza dei 700 anni dalla morte di Marco Polo, il Museo d’Arte Orientale di Venezia dedica una mostra alle popolazioni miao della Cina. I miao e le altre minoranze etniche riconosciute dal governo cinese sin dai primi anni Cinquanta, mantengono con orgoglio la propria lingua, la propria cultura e la propria identità.

I miao esprimono al meglio le loro abilità artigiane nella realizzazione di tessuti e dei ricami, dove applicano tecniche antichissime come la calandratura, la tintura a riserva, la produzione del feltro di seta. Questo patrimonio, che non è solo materiale ma è costituito anche da saperi di un tempo remoto, si tramanda di generazione in generazione e riflette l’estetica e i valori di queste popolazioni.

Motivi decorativi come la farfalla, madre mitologica, il fantastico uccello che covò le uova da lei deposte, che diedero vita ai primi miao, il drago, creatura benevola, nelle sue diverse forme, raccontano il culto degli antenati e la ricca tradizione orale di miti, leggende e storie.

Il lungo lavoro di raccolta e coltivazione delle materie prime necessarie, i laboriosi procedimenti di tessitura, tintura, apprettatura, plissettatura, confezionamento dei capi svelano un sistema di vita sopravvissuto nel tempo in un fragile equilibrio, oggi costantemente minacciato dall’espansione del turismo.

Grazie al generoso prestito di Franco Passarello, instancabile collezionista di tessili provenienti da tutto il mondo, e della Società Geografica Italiana, che ha inviato alcuni preziosissimi album illustrati che gli imperatori della dinastia Qing (1644-1911) avevano commissionato per conoscere le popolazioni dei territori più lontani, è possibile presentare al più vasto pubblico i tratti salienti di una cultura complessa e multiforme.

I miao 苗

I miao sono uno dei 55 gruppi minoritari della Cina che convivono con la maggioranza han. Oggi i miao in Cina sono oltre 9 milioni e vivono tra le province di Sichuan, Hubei, Hunan, Yunnan, Guangxi, Guangdong, Hainan e Guizhou.

Le loro origini sono ancora discusse: le prime tracce della loro presenza andrebbero ricercate forse lungo il bacino del Huang He (Fiume Giallo) da dove sarebbero migrati verso lo Yangzi. Durante le dinastie Qin e Han (221 a.C.-220 d.C.) i miao si ritirarono, con successive ondate migratorie, nella Cina sud-occidentale. Le opere in mostra provengono prevalentemente dal Guizhou.

I miao non hanno un unico idioma: è possibile distinguere almeno tre grandi lingue principali (fangyan), appartenenti al gruppo linguistico miao-yao, che a loro volta si suddividono in diversi “dialetti”, spesso tra loro non mutualmente intelliggibili.

Tradizionalmente i miao sono animisti. Gli sciamani, depositari di miti e leggende, hanno un ruolo guida sia nei rituali di venerazione, sia nelle pratiche magiche. Talvolta ricoprono la carica di capo-villaggio e preservano la conoscenza della storia del popolo, dei canti e delle danze.

La cultura tessile

La cultura tessile riveste grande importanza presso le popolazioni del sud-ovest della Cina. Prima dell’integrazione definitiva dell’attuale Guizhou all’impero cinese nel XVIII secolo, i tessuti dei “barbari del Sud” erano inviati alla corte imperiale come apprezzato tributo.

Ogni tribù, ogni villaggio e ogni famiglia si distingue per colori, stile, tecniche e motivi decorativi: per questo motivo in passato le fonti cinesi suddividevano i miao in sottogruppi, secondo il colore dei loro abiti, la lunghezza delle gonne o le acconciature.

Le donne si dedicano alla tessitura e al ricamo al termine della stagione dei lavori agricoli. Ricamare e tingere i tessuti sono arti che si apprendono da bambine. Le ragazze nubili indossano i loro costumi più fastosi in occasione delle feste tradizionali: la finezza dell’esecuzione, la complessità della realizzazione dei capi, unite, in alcuni casi, ai gioielli, devono mostrare tutta la ricchezza della famiglia al futuro marito.

Isolamento e scambi

L’isolamento tra i monti o le vallate delle regioni del Guizhou e delle altre province ha consentito di mantenere le specificità di cultura, costume e dialetto dei diversi villaggi. È possibile, tuttavia, rilevare dei caratteri comuni ad alcune aree. Ad esempio, nel Guizhou orientale, sono molto diffuse le gonne “dalle cento pieghe”, le giacche aperte sul davanti, spesso calandrate, con ricami e bordure colorati.

In occasione delle grandi feste, si indossano argenti appariscenti. Nelle zone montuose del Guizhou occidentale, come nella contea di Weining, si usano molto cappe in lana e lino o canapa cucite sulle spalle e sulle maniche degli abiti. Nel centro-sud Guizhou (ad esempio nelle contee di Guiding, Nandan, Anshun ecc.) si privilegiano motivi decorativi astratti e lo stile è sobrio ed elegante.

Le tecniche

La tessitura è praticata con diversi tipi di telai di fabbricazione domestica. Tra questi vi sono telai orizzontali e telai a tensione. Abiti, giacche e gonne sono realizzati perlopiù in tela. Sono diffuse anche saie con motivi a losanghe. Tutti questi tessuti, in genere, sono tinti in pezza. Sempre a telaio si lavorano bordure con l’ordito di più colori e tessuti con trame lanciate o broccate.

Le fibre tessili maggiormente impiegate sono quelle vegetali: canapa, lino, ramiè e cotone. Si producono anche seta e lana, quest’ultima utilizzata nelle zone montuose di Wumeng (Yunnan) e della contea di Weining (Guizhou). Oggi si utilizzano anche filati industriali e sintetici.

La calandratura consiste nel battere ripetutamente con un maglio di legno o comprimere con pietre il tessuto di cotone tinto d’indaco fino a compattarne le fibre. Al tessuto si aggiungono componenti organiche secondo la provenienza: albumi d’uovo o sangue di maiale o bufalo o colla. Il tessuto, impregnato di questi prodotti, una volta essiccato al sole assume un aspetto lucido.

Il batik laran è una tecnica di tintura a riserva: con la cera liquida e poi solidificata, si impedisce l’assorbimento del colore in alcune aree del tessuto. Una volta rimossa la cera, appare il disegno.

Il ricamo, generalmente eseguito su pezze di tessuto da assemblare, è realizzato con numerose tipologie di punti, tra i quali il punto croce, il punto piatto e il punto nodo di Pechino. Vi è anche il ricamo su feltro di seta. Possono essere utilizzate applicazioni di trecce, di inserti in seta piegati e sovrapposti, di carta dorata e di luccicanti cilindri di stagno. Oggi è diffuso anche il ricamo a macchina.

La plissettatura delle gonne (dette “gonne dalle cento pieghe”) è un tratto distintivo dei costumi miao del Guizhou orientale. Si ottiene apprettando il tessuto (spesso con colla di pelle di bufalo d’acqua) e creando delle pieghe in diversi modi: nella regione di Taijiang il tessuto pieghettato e apprettato è legato intorno a botti o ceste e messo ad asciugare; in altri luoghi è arrotolato e legato intorno a una sezione di bambù e trattato al vapore; in altri ancora semplicemente inamidato e cucito per mantenere le pieghe durante l’essicazione.

I motivi decorativi

I miao credono che alcuni elementi naturali - come il cotone, il vento, la montagna, la pioggia o il sole - abbiano natura divina, altri demoniaca, come il demone-tigre o il demone-scrofa. Tra i loro totem vi sono la farfalla madre (Maibang), l’acero, la rana, il bufalo d’acqua, il bambù e Panhu, mitico cane dal pelo di cinque colori e antenato leggendario.

I motivi decorativi degli abiti consentono di comprendere a quale gruppo appartiene chi li indossa. Sono molto frequenti i simboli legati alla fecondità, alla ricchezza e alla longevità, ma anche animali e piante che si riferiscono a miti e leggende.

La farfalla è legata essenzialmente alla cultura miao del Qiandongnan (Sud-Est del Guizhou). È considerata la madre dei primi antenati: nata dal tronco di un acero, dalle sue uova nacquero i primi miao, gli altri animali e il dio del tuono.

Il drago, creatura benevola, è molto comune e assume multiformi sembianze: vi sono draghi-bufalo, emblema di potenza, draghi-pesce, simbolo di fecondità, draghi millepiedi, draghi-serpente, draghi-baco da seta, che proteggono gli allevamenti dei bachi e assicurano le piogge e i raccolti.

Uccelli e fenici rappresentano il legame simbolico tra dimensione terra e sfera celeste. Dopo la morte, l’anima degli individui entra in contatto con lo sciamano sotto forma di uccello. Durante le feste tradizionali, i Miao dei Monti della Luna (contea di Rongjiang) indossano gonne, sulle quali sono applicate delle piume, e la cosiddetta “giacca dei cento uccelli”.

I gioielli

I miao amano l’argento, per le sue valenze estetiche ma anche apotropaiche: protegge dalla cattiva sorte l’anima e il corpo e accompagna i morti nel viaggio verso la terra degli antenati. L’argento era utilizzato dagli sciamani per i rituali di esorcismo.

I miao acquistano l’argento dallo Stato. Nei manufatti più recenti la percentuale di argento può variare: si realizzano gioielli anche con leghe più economiche come il rame bianco o l’alpacca, che è tuttavia meno malleabile. La lavorazione orafa è prerogativa degli uomini e, come il ricamo per le donne, è sovente un’attività stagionale, secondo la disponibilità degli artigiani che, molto spesso, sono prima di tutto coltivatori.

Nelle zone più ricche del Guizhou, come nel Sud-Est, si producono molti più monili, che le giovani donne sfoggiano durante i matrimoni e le feste, indossando fino a dieci chili di gioielli. A Shidong, ad esempio, durante la festa del Pasto delle sorelle, le ragazze portano pettorali smisurati, diademi e spilloni per capelli a forma di corna. La varietà delle forme è notevole: un motivo decorativo molto diffuso è la spirale, simbolo di tempo ed energia infiniti.

Le altre minoranze

Sin dalla dinastia Ming (1368-1644), gli imperatori incaricarono i loro funzionari di descrivere, attraverso cronache e relazioni, le popolazioni non han che vivevano nelle regioni più lontane. Durante la dinastia Qing (1644-1911) furono creati veri e propri album, corredati da numerose illustrazioni come quello in mostra. In questi documenti il termine miao era utilizzato per indicare tutte le minoranze del Guizhou.

In mostra sono esposti alcuni abiti prodotti da altri popoli che, come i miao, vivono nella Cina sud-occidentale.

I gejia vivono in prevalenza lungo il fiume Chong’an e sono stati inclusi nella famiglia miao dal governo cinese, anche se non si riconoscono in questa classificazione. I loro abiti più belli sono decorati a ricamo ma anche e soprattutto con la tintura a riserva.

Con il nome generico di yao si indica un popolo costituito da oltre trenta gruppi diversi che vivono soprattutto in alcune zone montuose del Guangxi, con comunità anche in altre province come Guizhou, Hunan, Yunnan. I loro costumi sono molto colorati, ma tinta e decoro variano molto secondo i diversi gruppi.

Gli zhuang vivono in diverse province del sud della Cina come Yunnan, Guangxi e Guangdong. La loro lingua, come quella dei buyi e dei dong, appartiene alla famiglia linguistica tai-kadai. I loro costumi prediligono il blu e il nero ed evocano un’impressione di grande dignità e semplicità.

I buyi risiedono nel Guizhou da almeno duemila anni. I colori predominanti dei loro costumi sono il verde, il blu e il bianco. I loro batik e i broccati erano molto apprezzati dall’impero cinese.

I dong vivevano nel sud della Cina ben prima della dinastia Qin (221-207 a.C.). Sono animisti e in ogni villaggio vi è uno sciamano. I loro costumi sono in prevalenza di cotone spesso calandrato ornati con tessuti e ricami. Amano i gioielli e tra questi vi sono anche contrappesi in argento da indossare sulla schiena.

I prestatori

La Società Geografica Italiana

E' stata fondata a Firenze nel 1867 e da allora non ha mai interrotto la sua attività di promozione delle discipline geografiche, documentazione, pubblicazione, incremento e valorizzazione delle proprie collezioni (volumi, periodici, carte geografiche, fotografie e disegni, carteggi, diari manoscritti, filmati, oggetti), che costituiscono il più importante complesso documentario sulla geografia in Italia e uno dei maggiori al mondo.

Oggi Ente del Terzo Settore, e sotto la tutela del Ministero della Cultura, il Sodalizio è impegnato nella ricerca, disseminazione, divulgazione scientifica, in collaborazione con una pluralità di associazioni e istituzioni in Italia e all’estero. Attiva anche in ambito progettuale, specialmente nella cooperazione internazionale, la Società Geografica favorisce e incoraggia indagini e aggiornamenti su una varietà di temi sensibili sul piano dell’assetto, della gestione e della promozione del territorio, grazie anche alla fiducia e all’appoggio di istituzioni governative e altre entità pubbliche e private.

Nella prestigiosa sede del cinquecentesco Palazzetto Mattei in Villa Celimontana a Roma, l’Istituto organizza manifestazioni culturali, convegni, presentazioni editoriali e mostre, intrattenendo anche tramite i suoi canali di comunicazione un costante dialogo con il pubblico interessato alle questioni ambientali e territoriali.

Il Fondo orientale della Società Geografica Italiana comprende circa trecento carte cinesi di varia tipologia: planisferi, carte corografiche, carte delle comunicazioni, carte fluviali e costiere, carte militari, rappresentazioni di montagne, rappresentazioni di giardini, libri, calchi da incisioni su pietra, dipinti e album etnografici: l’acquisizione della raccolta da parte del Sodalizio avvenne tra il 1899 e il 1927.

La collezione Passarello

Architetto e designer, progettista di arredamento di interni e spazi pubblici del settore dell’ospitalità, attivo nel campo tessile per il contract alberghiero e navale, Franco Passarello ha dedicato particolare attenzione alla conoscenza del tessuto nell’abbigliamento.

Nell’ambito della sua professione si è trovato in contesti geografici, che hanno stimolato l’interesse per materiali, disegni e colori di realtà locali.

La documentazione bibliografica in suo possesso è stata la base per la conoscenza, ricerca e acquisizione di abiti e complementi, che compongono la sua eterogenea collezione, ricca di materiali provenienti da ambiti europei, africani, asiatici.

L’interesse per nuovi temi è sempre nato dalla scoperta, a volte casuale, di oggetti presenti in esposizioni museali o in gallerie a tema etnico, Londra, Parigi, Bruxelles, Milano, Vienna, dove ha lavorato per 15 anni.

Particolare attenzione è dedicata a centro Africa, Giappone e a Cina, nello specifico alle popolazioni miao. Un archivio di manufatti da culture e tradizioni in via di estinzione.


MAO | Museo d’Arte Orientale di Venezia

Ca’ Pesaro, Sestiere di Santa Croce n. 2076, Venezia

ORARI DI VISITA

Dal martedì alla domenica, dalle 10.00 alle 17.00.

La mostra è compresa nel ticket d’ingresso al Museo.

ORGANIZZAZIONE

Direzione regionale Musei Veneto | Museo d’Arte Orientale di Venezia

Per informazioni: 041 2967628 - 041 5241173

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