Ninja: il volto nascosto
Dipanare la nebbia che avvolge i guerrieri ombra del Giappone

Scritto da Christian Russo shinobido.it - tinyurl.com/christianrussobooks -

Da spie dell’antichità giapponese a icone pop mondiali: l'immagine degli Shinobi, maggiormente conosciuti oggi come Ninja, affascina e intriga… tuttavia, la realtà storica è offuscata dalle nebbie della finzione e dei miti.

In quest'articolo, ci addentreremo oltre la nebbia, esaminando alcuni degli elementi oggi disponibili per cercare di svelare i misteri degli enigmatici guerrieri ombra del Giappone.

Ninja/Shinobi: iconografia dei guerrieri ombra

Shinobi 忍び, Shinobi no mono 忍びの者, Ninja 忍者 - Il kanji si compone dei due radicali 刃 - Ha, Yaiba (lama, tagliente) e 心 - Shin (cuore, spirito, essenza): l’etimologia suggerisce la resistenza: “- con una lama sul cuore” (un cuore che rimane imperturbabile, anche quando una lama nuda viene puntata al petto), una lama “- che giunge al cuore delle cose”, che vi si insinua fino al nucleo vitale.

Il kanji “shinobi” può essere tradotto in diversi modi, ma essenzialmente implica alcuni concetti chiave come la resilienza, lo stoicismo, la sopportazione, la pazienza, la tolleranza, la resistenza, la silenziosità, la furtività, l’intrusività.

Trattare l’argomento shinobi significa occuparsi di un fenomeno iconografico di livello mondiale che coinvolge molti aspetti della cultura e della storia giapponesi e di come le stesse siano state traslate in Occidente: cinema, letteratura, teatro e fumetti si sono infatti occupati ampiamente dei ninja, trasponendo e talvolta distorcendo le notizie storiche anche qualora non fossero distorte già in origine.

Andando a ritroso, dai personaggi del celebre manga contemporaneo “Naruto”, arriviamo alle “Tartarughe Ninja”, nate negli anni '80 in America.

Il “ninja boom” era letteralmente esploso negli Stati Uniti proprio in quel periodo, con una serie di film a basso budget di grande successo al botteghino. Questi film hanno contribuito a diffondere a livello planetario l'immagine del ninja vestito di nero e accessoriato di armi particolari.

Il primo, illustre artefice della traslazione in Occidente dei ninja fu Ian Fleming: l’autore dei romanzi di 007 che nel 1967 ambientò in Giappone il suo “Agente 007 - Si vive solo due volte”, descrivendo l’addestramento di James Bond in una Scuola Ninja. Il libro e il successivo film hanno un collegamento diretto con il corrispettivo giapponese del “ninja boom” americano, degli anni '60, quando una serie di film dedicata ai ninja, “Shinobi no mono”, “Kage no Gundan” e altri, avevano contribuito a diffondere l'immagine delle spie del Giappone feudale in maniera storicamente accurata, con qualche eccesso forse nella semplificazione iconografica.

Tuttavia, la rappresentazione in quei film dei ninja come eroi umili di origini contadine, che lottano per la giustizia e per aiutare le classi più deboli, in antitesi ai “nobili samurai”, è storicamente non del tutto corretta e influenzata dall'ideologia marxista, che tentava di approcciare la società giapponese dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.

Gli importanti lavori di ricostruzione storica, in pieno svolgimento ancora oggi, in particolare da parte del gruppo di ricercatori capeggiati dal Professor Yamada Yuji, dell’Università di Mie (Facoltà di Lettere e Filosofia, Storia medievale giapponese), hanno appurato che il ninja era più esattamente una delle declinazioni della classe samurai.

L’iconico illustratore Hokusai, nel volume n.6 dei suoi manga, descrive le arti marziali a lui contemporanee. Tra queste illustrazioni, purtroppo senza alcun approfondimento testuale, emerge una figura che molto si avvicina all'immaginario collettivo contemporaneo del ninja: un individuo vestito di nero, con un cappuccio e una spada sulle spalle.

Se da un lato è universalmente riconosciuto l’estremo realismo di Hokusai, si tratta tuttavia pur sempre di una rappresentazione, che cristallizza una delle possibilità di atteggiamento e equipaggiamento dell’agente segreto: nella maggior parte dei casi, il ninja aveva l'obiettivo di raccogliere informazioni e abbigliarsi in modo da risultare identificabile era contrario ai suoi interessi; al contrario, per infiltrarsi efficacemente nel territorio nemico, avrebbe adottato un abbigliamento e un aspetto del tutto comuni.

In sintesi, non disorienti l’affermazione secondo la quale l'iconografia classica del ninja “è autentica e falsa allo stesso tempo”.

 

L’Arte della Guerra non ortodossa

L'ispirazione del concetto shinobi / ninja può essere fatta risalire al tredicesimo capitolo del classico cinese “Sull'Arte della Guerra” (Bingfa) di Sunzi (VI-V sec. a.C.). In questo capitolo, Sunzi descrive diverse tipologie di spie, tra le quali: locali, introdotte, convertite, sacrificabili e sopravvissute. Questa categorizzazione è stata ripresa nei manuali shinobi, ispirati direttamente al Sunzi Bingfa.

Il termine “ninja” è una lettura relativamente recente dei kanji utilizzati per descrivere le spie: in diverse aree e periodi del Giappone sono stati utilizzati molti altri termini: shinobi no mono, kanja, kanchō, chōja, settō, mitsumono, suppa, rappa, toppa, yatō, nusumi, nusubito, tōzoku, kusa, Igamono, Kōgamono, nokizaru, kyōdan, hikizaru, dakkō, teisatsu, ukami, ninjutsusha, ninsha, monomi, mittsumono,oniwaban, onmitsu, kurohabaki, kikimonoyaku, kanshi, kagimono hiki, hayamichi no mono
.

Gli shinobi erano impiegati principalmente in compiti di raccolta e trasmissione di informazioni, diplomazia segreta, disinformazione, sabotaggio, sobillazione di sommosse, sorveglianza, scouting e guida in territorio nemico. Solo in rari casi erano impiegati per compiti di assassinio mirato. Gli shinobi erano quindi considerati agenti politici attivi e fondamentali per il mantenimento del potere e del controllo sul territorio, sia in tempo di pace che di guerra.

La questione se gli shinobi fossero una categoria di persone specificatamente addestrate o una mansione interna all'esercito ricopribile da qualunque samurai è stata a lungo dibattuta dagli studiosi. La storiografia del Novecento propendeva per la prima teoria, identificando nella zona di Iga/Kōka le poche scuole di specializzazione altamente qualificata delle arti shinobi (ninjutsu). È plausibile che, a seconda dei diversi periodi e aree geografiche, le tecniche di formazione e di operatività delle spie potrebbero essere state differenti.

Esistono tuttavia dei record che combinano le due teorie:

  • un registro della provincia di Shinshu Matsumoto appartenente alla famiglia Matsudaira, elenca gli stipendi del feudo. Tra questi salari ne viene citato uno ad un tal Akutagawa Kurozaemon, stipendiato per le sue sole funzioni di spia;
  • nelle cartine delle città di guarnigione e degli accampamenti militari può accadere sovente di incontrare la collocazione degli appartamenti/baracche degli shinobi – quindi funzione dell’esercito, ma agenti separati dai commilitoni.

 

Iga/Kōka, la patria dei ninja

L'area di Iga/Kōka, situata nelle montagne dell'attuale regione compresa tra Kyoto, Nagoya e Nara, è storicamente conosciuta per aver ospitato centri di formazione nell'arte del ninjutsu. In questo territorio risiedevano famiglie di piccoli proprietari terrieri detti jizamurai, ossia "samurai della propria terra". Queste famiglie erano organizzate in confederazioni conosciute come ikki e non avevano legami di vassallaggio con i potenti signori feudali (daimyō), i quali erano generalmente disinteressati a queste aree geograficamente sfavorevoli ed economicamente povere.

A partire dal periodo Kamakura in quest’area l'usanza della primogenitura dei feudatari si ridusse, portando alla suddivisione dei possedimenti tra più figli in micro-domini indipendenti.

Questa indipendenza, durata fino alla fine del periodo Edo (1603-1868), era la forza e la debolezza al tempo stesso di queste provincie, che dovettero da un lato acuire l’ingegno per proteggersi e dall’altro trovandosi nella inedita condizione di poter vendere le proprie specializzazioni spionistiche, agire da “battitori liberi”, senza cioè che tale condotta portasse a dichiarazioni di guerra tra domini.

 

I manuali shinobi

Durante il pacifico periodo Edo, le attività militari e spionistiche diminuirono notevolmente e molti ninja si reinventarono come poliziotti o guardie del corpo.

Gran parte delle informazioni che possediamo sugli shinobi deriva da tre testi principali, tra i quali il più noto è il “Bansenshukai”. Questo documento, datato 1676 ma reso pubblico solo alla fine del 1700, raccoglie una vasta gamma di informazioni sui ninja risalenti al periodo delle grandi guerre.

La storia della comparsa in pubblico di questo documento merita di essere raccontata: nel 1789 due abitanti di Kōka, Ohara Kazuma e Hachizaemon Oki Moriichiro, visitarono la capitale Edo nella speranza di essere assunti dallo shogunato. I due si presentarono dal Jisha Bugyō (magistrato) Matsudaira Ukyonosuke e, dopo avergli offerto del sake, gli donarono una preziosa copia del testo “Bansenshukai”, a testimonianza della loro conoscenza delle arti spionistiche. Il magistrato non li assunse, ma li ringraziò per il dono ricevuto, facendo una piccola offerta in monete d’argento per loro e per le impoverite famiglie di Kōka. Quella copia è oggi conservata negli Archivi Nazionali del Giappone.

L'emergere di questo documento fu un primo unicum nella storia, segnale della fine dei ninja. Prima di allora i documenti contenenti le loro conoscenze venivano distrutti periodicamente per evitare che cadessero in mani nemiche e riscritti grazie alle conoscenze orali dei praticanti del ninjutsu. Tuttavia, sembrava che nessuno avesse più bisogno dei ninja di Iga e Kōka in un Giappone pacificato e in fase di modernizzazione. L'offerta al magistrato di Edo potrebbe essere riletta oggi come una disperata e inascoltata richiesta di aiuto.

 

Le arti shinobi

Seppure la cultura popolare spesso abbia presentato i ninja come supereroi dotati di poteri magici e abilità sovrumane, dobbiamo questa nomea alla natura del loro addestramento (paragonabile a quello delle forze speciali odierne).

Essi praticavano le arti marziali tipiche del periodo in cui vivevano, selezionandone le versioni più adatte alle loro missioni. Inoltre una serie di specializzazioni li contraddistingueva rispetto ai guerrieri comuni: arrampicata, movimento silenzioso, dialettica, fisiognomica (ninsō), topografia, erboristeria e fabbricazione di esplosivi.

 

Kunoichi: le donne Shinobi?

Nel già citato Bansenshukai compare per la prima e unica volta un termine che verrà utilizzato dal momento della sua divulgazione per indicare le donne ninja, le “kunoichi”. Questo termine è composto dalle tre sillabe ku (く), no (ノ) e ichi (一): è in realtà un modo cifrato di indicare le donne in generale da utilizzare in un’azione sotto copertura. Se combinate, le sillabe vanno infatti a comporre la parola onna (女), donna.

Nelle attività ninja, il ruolo delle donne, sebbene limitato, risultò essenziale e più rilevante rispetto a quello svolto nell'esercito regolare: potevano accedere ad aree ricche di pettegolezzi delle case nobiliari e precluse agli uomini - le okugoten, potevano sedurre, raccogliere informazioni e compiere agguati senza destare allarme nelle più disparate situazioni. Inoltre, è storicamente documentato nel testo “Igaryū Kokaryū shinobi hidensho” almeno un passaggio dinastico di una tradizione shinobi per linea matrilineare.

Un’altra famosa donna ascrivibile all’area shinobi fu Mochizuki Chiyome, che ricevette il compito dal Generale Takeda Shingen di organizzare e addestrare un gruppo di donne camuffate da “miko” (sacerdotesse dei templi shintoisti) per la raccolta di informazioni. Per mezzo di un permesso governativo speciale le “aruki miko” (miko camminatrici) potevano viaggiare liberamente per il Giappone nello svolgere le proprie funzioni sciamaniche e… raccogliere informazioni.

 

Oggi

La figura dello shinobi è oggi oggetto di studio, riscoperta e rivalutazione da parte di molti studiosi, che esaminano criticamente le fonti storiche per comprenderne il ruolo e l'importanza nella storia del Giappone. Alcune scuole di arti marziali si ispirano direttamente o indirettamente alle pratiche shinobi, il turismo culturale legato alla figura del ninja è in costante crescita, con musei, parchi tematici e esperienze immersive dedicati a questi affascinanti guerrieri ombra. Molta nebbia sembra con il tempo essersi diradata, ma molto altro rimane da scoprire.


Bibliografia

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Russo, Christian • Hojōjutsu, l’Arte Guerriera della Corda. Ed. Yoshin Ryu, Torino, 2015

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Turnbull, Stephen • Ninja, unmasking the myth. Frontline Books, Barnsley, 2017

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