Shōbōgenzō Zuimonki
Eihei Dōgen – Discorsi Informali

Scritto da Aldo Tollini -

Nella primavera 2023 è stata pubblicata dall’editore Bompiani la prima traduzione italiana dello Shōbōgenzō Zuimonki (conosciuto più semplicemente come Zuimonki) del maestro Zen Eihei Dōgen (1200-1253).

Questo libro, con testi giapponesi a fronte, per la prima volta con traduzione in italiano dall’originale giapponese, è il frutto della collaborazione tra Aldo Tollini, studioso e traduttore del Maestro Dōgen e Anna Maria Shinnyo Marradi, maestro della scuola Sōtō Zen, abate del tempio Shinnyoji di Firenze, che ha commentato tutti i capitoli del testo. Si sono volute mettere insieme due esperienze e competenze diverse, quella dello studioso e quella del praticante e maestro, ossia l’aspetto teorico e scientifico con quello esperienziale e dottrinale, in modo da fornire al lettore una guida affidabile e, per quanto possibile completa, per addentrarsi nell’insegnamento del Maestro Dōgen.

Il testo, tradotto dalla versione Chōenjibon, la più antica e oggi anche la più apprezzata dagli studiosi (è una trascrizione del 1644, da un originale risalente al 1380) contiene novantanove capitoli, alcuni brevi, altri più lunghi.

Lo Zuimonki (Trascrizione delle cose sentite [dal Maestro]) è una raccolta dei sermoni di Dōgen compilato dal suo principale allievo ed erede nel Dharma, Ejō Kōun (1198-1280).

Si tratta dei discorsi informali che Dōgen, da poco rientrato da un lungo viaggio di studio in Cina (1227), ha impartito nel tempio Kōshōji a Fukakusa, località di Kyōto.

La peculiarità di questo testo è di contenere la trascrizione di sermoni sullo Zen rivolti a un pubblico eterogeneo, composto sia di monaci che di laici, situazione alquanto peculiare per quell’epoca. Questo ha comportato la necessità di usare un linguaggio semplice e facilmente comprensibile anche da parte di un pubblico non specialistico. Inoltre, anche il contenuto è assai diverso dalle opere dottrinali del Maestro che normalmente trattano di temi attinenti all’insegnamento. Lo Zuimonki, infatti, essendo destinato a un pubblico anche di laici ha un carattere più prosaico, che attiene soprattutto a temi della vita quotidiana.

Comunque, sebbene sia stato scritto in un tempo e in una società molto diversi, per il suo elevato livello spirituale, ancora oggi mostra un’attualità sorprendente. Infatti, va annoverato tra i grandi testi della spiritualità universale che sa parlare alle persone di ogni epoca e di ogni luogo, frutto di un percorso di perfezionamento spirituale esemplare. E’ curioso notare che Dōgen è all’incirca contemporaneo di San Franceso d’Assisi (1182-1226) e anche di San Tommaso d’Aquino (1225-1274): certamente si tratta di percorsi ed esperienze diversi, tuttavia è anche evidente che con questi grandi maestri occidentali vi sono tratti comuni che mostrano un’unità di intenti e di esperienze che nascono da un comune sentire. Per esempio, questo risulta evidente quando si affrontano i temi della povertà, del distacco dalle cose di questo mondo, della rinuncia alla bramosia e dei sentimenti di empatia verso coloro che soffrono, temi che ricorrono sempre nelle trattazioni volte al perfezionamento spirituale in ogni epoca e in ogni cultura.

Nello Zuimonki si trovano insegnamenti che oggi ci appaiono radicali e forse inattuabili nella società moderna, ma essi vanno presi piuttosto come un orientamento ideale verso cui volgersi e procedere. Letto in questo senso, può anche oggi essere di insegnamento e di riferimento per coloro che cercano una dimensione meno mondana e meno materialista nel proprio modo di vita. Comunque, il fatto che tratti di temi quotidiani, non impedisce al testo di avere un elevato tenore etico: la determinazione di perseguire una vita retta, fondata su un forte senso morale sono l’insegnamento che traspare in tutti i brani: possiamo ben dire che questo sia l’obiettivo dell’insegnamento dello Zuimonki. Dōgen qui non tratta della dottrina Zen o buddhista in modo astratto, e anche raramente in modo diretto; piuttosto pone l’accento sulla condotta da tenere nel vissuto per realizzare la propria natura-di-Buddha e come stare a questo mondo relazionandosi correttamente agli altri.

Coloro che in Occidente si interessano o praticano lo Zen hanno spesso l’immagine di una Via che insegna esclusivamente a raggiungere l’illuminazione improvvisa attraverso un percorso di comprensione: di fatto, satori, l’illuminazione, è un sostantivo che deriva dal verbo satoru che significa “comprendere” o “risvegliarsi alla comprensione”. Tuttavia, ciò normalmente nella pratica concreta della Via non è l’intero percorso, poiché la “comprensione”, pur restando fondamentale, non è sufficiente se non è accompagnata da un vissuto in cui si realizzano i presupposti teorici. Nell’insegnamento del maestro Dōgen, l’illuminazione non è un evento astratto, ma una maturazione che si manifesta concretamente nel modo di vita.

Questa è una prospettiva molto importante, che Dōgen sottolinea continuamente nei suoi testi. Uno degli esempi più significativi si trova nel capitolo “Gyōbustu igi” dello Shōbōgenzō, dove dice: Si sappia che tutti i Buddha non si aspettano (non hanno come obiettivo) l’illuminazione che si trova nella Via del Buddha. Nella Via del perfezionamento spirituale del Buddha, portare a perfezionamento l’attività quotidiana è la capacità messa in atto dal Buddha praticante.

Detto diversamente: lo Zen di Dōgen non si occupa principalmente di coltivare l'esperienza dell'illuminazione per se stessa, ma piuttosto di mettere in atto quelle attività e quei comportamenti della mente e del corpo che manifestano e attuano lo stato di illuminazione. Quindi, per Dōgen lo stato di illuminazione è una prassi che nasce e matura nello sforzo continuo di realizzare la buddhità nella vita quotidiana.

Quindi, Dōgen pone l’accento sull’importanza di realizzare concretamente nella vita vissuta gli insegnamenti dello Zen: solo modificando il proprio modo di vita e mettendo in atto comportamenti virtuosi si manifesta lo stato di illuminazione.

Ecco alcuni esempi concreti che si trovano nello Zuimonki:

Per praticare la Via, prima di tutto bisogna necessariamente apprendere la povertà. Dopo aver appreso la povertà e dopo essere diventato povero, si diventa davvero familiari con la Via. (cap. 5-10)
Per quanto riguarda il profitto sia per chi è del mondo e per chi si è distaccato dal mondo, non si consideri affatto il proprio vantaggio, e senza che la gente venga a conoscenza [del bene fatto], senza che il ricevente se ne rallegri, soltanto fare del bene alla gente tenendolo dentro il proprio cuore, e avendo questo atteggiamento di non farlo sapere a nessuno. (cap. 4-3)
Se ora pensate di praticare la Via dei Buddha e dei patriarchi, non aspettatevi nulla, non cercate nulla, non pensate di ottenere nulla, praticate la Via dei santi del passato senza pensare al guadagno, e comportatevi come i patriarchi. Distaccatevi da ogni ricerca, non dovete (neppure) aspirare alla buddhità. (cap. 4-8)

Sono insegnamenti che troviamo in tutte le grandi tradizioni spirituali, senza distinzione tra occidente e oriente, e questo significa che quelli citati sopra (tra molti altri) sono percorsi e valori davvero universali. In questo senso, lo Zuimonki va considerato senza dubbio un testo della spiritualità universale.

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