Uniformi e corsetti alla corte del Crisantemo
Adozione e adattamento della moda vittoriana nel Giappone Meiji

Scritto da Carla Ruscazio -

Il periodo Meiji (1868-1912) fu un'epoca di grandi cambiamenti per il Giappone. Il 1868 fu l'anno che segnò ufficialmente la sua trasformazione da mero regno dell'Asia a protagonista della scena coloniale internazionale e, una volta che gli ultimi residui dello Shōgunato di Edo vennero completamente cancellati, il giovane imperatore Mutsuhito (1852-1912) e il suo nuovo establishment governativo diedero il via a un'intensa campagna di restaurazione del Paese; lo scopo era quello di eguagliare nel più breve tempo possibile le maggiori potenze coloniali del pianeta. Per affrontare al meglio tale rinnovo conoscere e incorporare ogni aspetto culturale dell'Occidente divenne fondamentale, pertanto nobili e politici incoraggiarono la popolazione all'utilizzo di tutto ciò che provenisse da Europa e Stati Uniti. I cambiamenti che ne conseguirono furono numerosi e drastici, volti a modificare profondamente anche l'aspetto più intimo della vita degli abitanti della neonata nazione.

Fra tutte le trasformazioni che il Giappone Meiji dovette affrontare, una delle più radicali e affascinanti fu sicuramente quella legata al mondo della moda e al sistema di abbigliamento. La prima comparsa della moda europea sul territorio giapponese avvenne all'interno dei quartieri residenziali per stranieri delle principali città portuali della costa orientale, come Tōkyō e Yokohama. Dopo l'apertura dei porti, infatti, vedere persone di etnia caucasica passeggiare per le vie della città divenne un evento sempre più comune e il loro abbigliamento non passò certamente inosservato. La forte curiosità dei locali per questo modo di vestire così esotico fu tale che molti artisti di ukiyo-e 浮世絵 decisero di accantonare i temi più tradizionali della loro arte per potersi dedicare alla raffigurazione di persone e ambientazioni dei quartieri per stranieri.

Conosciute con il nome di Yokohamae 横浜絵, tali stampe raggiunsero una discreta popolarità nella seconda metà del diciannovesimo secolo, in quanto molto spesso unica possibilità che gli abitanti delle campagne avevano per poter entrare in contatto con la nuova realtà estera. A occuparsi di Yokohamae furono soprattutto gli allievi della scuola Utagawa e fra i temi più rappresentati vi erano solitamente scenari e paesaggi dei quartieri stranieri, ma anche soggetti umani come uomini in divisa militare o abito scuro da giorno e donne con indosso il caratteristico “modello crinolina” molto in voga nell'Europa di quel tempo.

Uno degli artisti più noti di questo stile fu sicuramente Utagawa Sadahide, le cui stampe raffiguravano spesso degli spaccati di vita della Yokohama di fine epoca Edo, in cui nobili uomini e donne originari di Europa e Stati Uniti si preparano per uscire dalle loro residenze in stile vittoriano e fare una passeggiata fra le vie della città mescolandosi con i suoi abitanti. Degna di nota è sicuramente la precisione quasi maniacale con cui Utagawa Sadahide rappresentava i numerosi e intricati dettagli degli abiti indossati dai soggetti femminili, gioielli e accessori compresi, enfatizzando addirittura i volumi delle crinoline e delle silhouettes messe in risalto dai corsetti. Ciò nonostante, Sadahide non rinunciò comunque a dar loro una fisionomia facciale non così diversa da quella delle bijin美人raffigurate negli ukiyo-e più canonici.

Fu proprio questo clima internazionale e di quotidiano contatto con una realtà così diversa a fare da sfondo nel passaggio dall'epoca Edo a quella Meiji, alimentando ulteriormente quel bisogno di modernizzazione che già da tempo si stava via via affermando nel Paese. La stessa rapidità che caratterizzò il processo di innovazione in numerosi ambiti della quotidianità delle persone si riversò così anche nel settore dell'abbigliamento sia maschile che femminile. Una delle prime occasioni a richiedere l'abbandono della moda tradizionale in favore dell'utilizzo di abiti in stile vittoriano fu sicuramente la missione Iwakura (1871-1873) concepita con il duplice scopo di riesaminare i pesanti “trattati ineguali” stipulati anni prima con gli Stati Uniti e di apprendere quanto più possibile sugli usi e costumi esteri. Oltre a importanti membri della Restaurazione, alla spedizione parteciparono anche cinque giovani ragazze: Nagai Shigeko 長い茂子, Yamagawa Sutematsu山側捨松, Ueda Teiko 上田悌子, Yoshimatsu Ryōko吉益亮子 e Tsuda Umeko津田梅子, la più giovane tra tutti i membri della spedizione (aveva solo sette anni!). Durante le prime tappe del tour negli Stati Uniti, le cinque ragazze vestivano esclusivamente kimono come stabilito dalla loro tutrice statunitense Mrs. Delong, la quale sosteneva fermamente che ciò servisse ad accrescere la loro intrinseca esoticità. Tuttavia, l'insistente curiosità degli statunitensi fu una costante fonte di disagio e le ragazze richiesero formalmente di poter vestire abiti occidentali durante il resto del viaggio, diventando con tutta probabilità le prime donne giapponesi a portare abiti di foggia vittoriana.

Indossare abiti in stile vittoriano divenne rapidamente una priorità anche all'interno del Giappone stesso, ma le modalità con cui questi vennero inseriti nel sistema di abbigliamento giapponese differiscono enormemente nei due contesti maschile e femminile. Nel settore maschile, dal 1871 vestirsi “all'occidentale” divenne obbligatorio per tutte le cariche statali e politiche; l'imperatore per primo rinunciò a vestire i tradizionali abiti di corte ogni qualvolta dovesse comparire in pubblico. La stessa immediatezza con la quale si adottò un abbigliamento occidentale nell'ambito maschile non fu tuttavia presente in quello femminile. A rallentarne il processo furono innannzitutto le implicazioni morali e l'identità di genere, ancora saldamente legate alla figura della donna. Inoltre, i primi cambiamenti non riguardarono l'abito nel suo senso stretto, bensì il trucco. Pratiche come la rasatura delle sopracciglia o l'ohaguro お歯黒, il tingersi i denti di nero, furono quindi le prime a essere abbandonate. Altro fondamentale cambiamento riguardò le acconciature; realizzare una pettinatura in stile occidentale risultò infatti molto più pratico ed economico, ma soprattutto molto più igienico rispetto alle più tradizionali acconciature marumage 丸髷. Ma la vera rivoluzione stava nel fatto che, a differenza di queste ultime, le pettinature importate da Europa e Stati Uniti non richiedevano l'aiuto di una parrucchiera per essere realizzate.

Fu l'epoca del Rokumeikan a inaugurare l'ingresso dell'abito vero e proprio nel settore femminile. Realizzato dall'architetto inglese Josiah Corder e inaugurato il 28 Novembre 1883, il Rokumeikan era un'imponente costruzione in stile vittoriano realizzato inizialmente per ospitare nobili e politici esteri, ma divenne in seguito un luogo adibito all'organizzazione di feste, incontri formali, bazar, e, soprattutto, balli dove intrattenere relazioni diplomatiche con i funzionari esteri in visita a Tōkyō.

Ogni evento all'interno del Rokumeikan rispettava fin nei più minimi dettagli la rigorosa etichetta delle corti europee, pertanto il dresscode in abiti occidentali era d'obbligo sia per gli uomini, ai quali era consentito portare solo divise militari o abito nero in tre pezzi, che per le donne. Gli abiti di gala da queste indossati appartenevano a quello che si può definire second bustle style, stile la cui silouhette prevedeva l'uso di una gabbia di acciaio o altri materiali da legare in vita per dare l'effetto “coda” agli abiti. Quella di estendere l'obbligo degli abiti occidentali anche alle donne all'interno del Rokumeikan fu una manovra squisitamente politica voluta da alte figure della Restaurazione Meiji come Inoue Kaoru 井上馨 e Itō Hirobumi 伊藤博文, fermamente convinti che ciò servisse a far apparire il Giappone una nazione pienamente civilizzata agli occhi di potenze mondiali quali la Francia, il Regno Unito e gli Stati Uniti.

A occuparsi della corte imperiale e dell'alta società giapponese in abiti occidentali fu il pittore Toyohara Chikanobu 豊原周延. La sua produzione artistica viene collocata all'interno dello stile kaikae 開化絵, un tipo di stampa xilografica incentrato proprio sulla rappresentazione di soggetti in abiti vittoriani.

Le due stampe raffigurano delle tipiche serate danzanti al Rokumeikan: donne e uomini di diversa età si dilettano in un ballo di coppia come era usanza nelle occasioni di festa in Europa e Stati Uniti mentre giovani coriste e musicisti suonavano incessantemente per tutta la serata. È interessante notare come vi sia un certo imbarazzo nell'approccio fisico fra uomini e donne, effetto volutamente ricreato da Chikanobu. eccezion fatta per la giovane coppia sulla destra accanto al pianoforte, dove il cavaliere afferra saldamente la sua dama cingendole il fianco. Nonostante fosse uno dei punti chiave delle serate del Rokumeikan, il ballo era in effetti ritenuto sconveniente e disdicevole, per via dello stretto contatto fra i due generi. Un'altra curiosità è data dal fatto che le donne raffigurate da Chikanobu indossano degli abiti da giorno durante degli eventi notturni; fu questa una deliberata scelta dell'artista, convinto che le maniche lunghe e i colli alti dessero alle donne aristocratiche un aspetto più pudico e decoroso rispetto allo scollo tipico degli abiti da sera.

Il crescente numero di eventi mondani al Rokumeikan aumentò inevitabilmente la domanda di abiti occidentali da parte delle nobili giapponesi e si optò in un primo momento di aumentare l'importazione dall'Europa. Tuttavia tale scelta portò a diverse complicazioni date sia dai costi che dalla vestibilità degli indumenti, che mal si adattava alla fisicità minuta delle donne giapponesi. L'imperatrice Haruko decise quindi di incoraggiare una produzione interna mirata non solo a risaltare le forme dei corpi femminili giapponesi e a soddisfare il loro diverso gusto estetico. La confezione di vestiti in stile euroamericano venne interamente affidata ai cucitori di tabi 足袋, per via della loro familiarità con le linee curve e sinuose. Un outfit vittoriano realizzato in Giappone prevedeva solitamente l'abbandono di strutture come il corsetto e la tournure, una drastica riduzione di materiali come il pizzo o i bottoni (tutti elementi che ancora necessitavano l'importazione) e l'uso quasi esclusivo di stoffe locali. Andò così a delinearsi un'estetica che si distaccò sempre di più da quella che caratterizzava l'abbigliamento occidentale. Seppure identici nelle forme e nella realizzazione, negli abiti indossati dalle nobildonne giapponesi comparirono sempre di più le stesse decorazioni presenti nei kimono e nelle ceramiche tradizionali come peonie e fiori di susino, motivi geometrici come rombi e losanghe, motivi circolari simili ai kamon家紋e, qualche volta addirittura i karakusa 唐草, una sorta di arabesque tradizionale giapponese.

Malgrado gli sforzi e le energie impiegate dagli organi governativi e dai membri della famiglia imperiale, la diffusione dell'abbigliamento femminile in stile euroamericano fu un fenomeno limitato che fece presa solo fra i ceti più alti della società giapponese. Nella vita di tutti i giorni infatti le donne appartenenti ai ceti sociali medio bassi continuavano a seguire i dettami dell'abbigliamento autoctono. Anche all'interno della corte imperiale stessa, l'intero processo di occidentalizzazione non andò mai oltre l'aspetto meramente pubblico e sociale, rendendo così i vari stili di abiti di corte europei una sorta di divisa da indossare nelle occasioni più formali. A rallentare ulteriormente la diffusione dell'abbigliamento occidentale fu anche il crescente nazionalismo che si stava via via diffondendo durante l'ultimo decennio del diciannovesimo secolo. Ormai perfettamente immerso nel contesto internazionale di cui si era bruscamente ritrovato a far parte, il Giappone sentiva ora più che mai che era finalmente giunto il momento di dimostrare al resto del mondo come anch'esso fosse in grado di poter diventare un grande impero coloniale capace di espandere i propri confini al di fuori dell'arcipelago e per attuare tale politica di conquista era fondamentale riappropriarsi di quella “giapponesità” perduta a causa di una forzata ed esagerata occidentalizzazione violentemente imposta decenni addietro. Benché i nuovi sentimenti nazionalistici stessero avendo un largo consenso durante gli ultimi decenni dell'epoca Meiji, non furono comunque sufficienti a eradicare in maniera definitiva il sistema vestimentario occidentale dalla nazione. In fin dei conti, sebbene fosse stata più un'imposizione che una graduale incorporazione, l'uso dell'abbigliamento occidentale in Giappone fu uno dei capisaldi per eccellenza della Restaurazione e dopo quasi tre decenni era ormai parte integrante del sistema vestimentario della cultura nipponica. Difatti, la moda euroamericana continuò a essere presente in tutte le sue varianti stilistiche all'interno del guardaroba di ogni nobildonna della corte imperiale fino a diffondersi in epoca Taishō 大正 (1912-1926) anche fra tutti gli altri ceti della popolazione.

Anche nel mondo dell'arte, dove la dilagante ondata di nazionalismo ebbe una forte presa, molti pittori non smisero di subire l'esotico fascino delle ultime tendenze di moda provenienti dall'Europa e continuarono a produrre una serie di bijinga 美人画, uno stile di stampe incentrate sui soggetti femminili, dove le protagoniste venivano raffigurate con abiti e accessori tipici della Bélle Époque.

Ispirata a un'opera del pittore francese James J.Tissot, “Passeggiata al parco” di Tsuneshige raffigura una donna durante una passeggiata in un parco immerso nella nebbia intenta a guardare con nostalgia un'indistinta figura maschile dietro di lei. Ritratta con una fisionomia che rimanda inconfondibilmente alle bijin di epoca Edo, la donna ha indosso quella che poteva essere un tipico outift da giorno negli anni di fin de siècle: un enorme cappello decorato da alte piume bianche, un abito con motivi floreali bloccato in vita da una cinta, una giacca nera con maniche a gigot e degli immancabili guanti bianchi.

Con la diffusione della fotografia, inoltre, furono sempre di più le geisha e le maiko che si offrirono di posare negli studi fotografici con indosso abiti Bélle Époque, imitando spesso e volentieri le pose e lo stile delle modelle delle bellissime Gibson Girls fotografate in Europa e Stati Uniti.


Tratto dalla tesi “Incroci di moda. Adozioni, rielaborazioni e scambi nell'abbigliamento femminile fra il Giappone Meiji e le società delle mode in Europa 1860-1910”, tesi di laurea magistrale di Carla Ruscazio, Ca'Foscari, Venezia, 2017-2018, relatrice: Silvia Vesco, correlatore: Bonaventura Ruperti.


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